Quanto è green la rivoluzione fintech

Articolo con quote di Diego Di Barletta per il numero di novembre 2021 di Fortune Italia.
04/11/2021

 

Quando, nel novembre 2018, il segretario generale delle Nazioni unite, Antonio Guterres, decise di creare la ‘task force on digital financing of sustainable development goals’, lo fece proprio nella convinzione che il fintech potesse essere un prezioso alleato per gli obiettivi di sviluppo sostenibile fissati dall’Onu. Mai avrebbe potuto immaginare che, poco più di un anno dopo, una pandemia avrebbe stravolto il mondo, ma anche accelerato notevolmente un processo di cui in quel momento si intravedeva solo il potenziale.

 

Secondo un’analisi effettuata dal Centro per la finanza alternativa dell’Università di Cambridge, dalla World bank e dal World economic forum, già alla fine del 2020 tutto il comparto era cresciuto globalmente in media del 12% rispetto all’anno precedente, toccando picchi del 20% e 30% nei settori sicurezza, scambio dei dati, servizi di pagamento e servizi digitali per il risparmio. E per il 2021 sono attesi dati al rialzo altrettanto significativi. Ma dalle aziende fintech ormai non ci si aspetta soltanto che mettano a disposizione nuove tecnologie (app, blockchain, intelligenza artificiale, big data) per accedere in maniera semplificata ai mercati finanziari, ai servizi bancari o assicurativi. Si chiede di adottare criteri di sostenibilità di natura ambientale, sociale e di governance (i cosiddetti Esg). E anche di più: si esige che siano parte integrante della rivoluzione. “Dal nostro osservatorio vedo evolvere le grandi aziende, le banche tradizionali e le assicurazioni, ma certamente il mondo del fintech e quello dell’insurtech hanno recepito più velocemente, considerando che si tratta di settori giovani, i macrotrend e il tema della sostenibilità a tutti i livelli”, spiega Diego Di Barletta, Head LHH Recruitment Solutions Executive. Secondo i dati rilevati nel mondo dall’Osservatorio fintech e insurtech del Politecnico di Milano, le startup che si dichiarano attente alla sostenibilità raccolgono in media il 25% dei fondi in più rispetto a quelle che non lo fanno. “Mai come adesso – spiega ancora Di Barletta – si rileva un’attenzione così alta verso questi fattori da parte degli investitori e anche le generazioni più giovani sono sempre più interessate alle questioni ambientali”.

 

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